Politica a luci rosse

Uno scandalo sessuale rischia di perturbare il clima politico della laica ma puritana Turchia. La cosa non sconvolgerebbe più di tanto gli assetti interni ed internazionali se non fosse che il paese anatolico sarà chiamato al voto il prossimo 12 Giugno per rinnovare il proprio Parlamento. La partita si presenta alquanto complicata visto che il partito al potere l’AKP del premier Erdohan punta ad ottenere i consensi sufficienti a riscrivere la carta costituzionale in senso nemmeno troppo cautamente conservator-islamico con scorno comprensibile dei difensori strenui del laicismo kemalista. L’accusa che gli oppositori rivolgono agli attuali governanti è quella di attuare un vero e proprio colpo di stato strisciante con l’obiettivo dichiarato di affossare l’opera del padre fondatore della Turchia moderna. Un addebito grave, ma non fugato certo dalle epurazioni degli scorsi mesi ai danni dei vertici militari e giudiziari, due istituzioni tradizionale baluardo dello status quo. Quindi la vicenda che ha visto per protagonisti sei esponenti del partito nazionalista MHP (contiguo ai famigerati “Lupi Grigi”, gruppo estremista autore di diversi attentati terroristici) beccati in atteggiamenti espliciti con giovani donne ed oggetto di una campagna stampa forsennata desta più di un sospetto. Niente di più che un “affaire” ben orchestrato dall’Esecutivo per svuotare il serbatoio elettorale della destra impedendo alla formazione in questione di raggiungere il 10%, soglia minima per la ripartizione dei seggi nella prossima legislatura. Almeno questa l’interpretazione degli avversari di Erdohan, Partito Repubblicano del Popolo in testa. L’unico dato certo, per ora, è un interesse davvero notevole per la prossima contesa elettorale. Non è detto sia un male, se ne trarranno giovamento la trasparenza e la legalità (dubbia) del sistema.

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