Archive for the Economia Category

Caprone espiatorio

Posted in Economia with tags , , , on ottobre 24, 2011 by lafayette70

                                                                                                                                     Giunge al capezzale della moneta unica europea la notizia ferale della nomina di Herman Van Rompuy, già Presidente del Consiglio comunitario, alla carica forse più temuta che ambita di Mr Euro. Del politico belga da anni ai vertici delle istituzioni continentali continuiamo a conoscere poco o nulla. Non più della biografia di qualche remoto faraone le cui gesta si siano perse tra le sabbie dei secoli. Poco incline alle ribalte mediatiche, solo una volta  il suo nome si era trovato al centro del dibattito politico nelle felpate aule dell’eurocrazia. Accadde allorquando Nigel Farage, il campione dichiarato dell’opposizione al sistema di potere brussellese, ne contestò l’elezione-nomina al CDE appellandolo, in quell’occasione, coll’epiteto colorito di “straccio bagnato” beffandosi, nel contempo, di un carisma da impiegato bancario. Difeso dall’energumeno socialista Schultz(quello a cui Berlusconi diede del kapò), il nostro ritornò rapidamente dietro la cortina di grigiore sapientemente costruita in decenni di carriera. Ora, in piena tormenta economica, i dignitari del colosso cartamonetario dai piedi d’argilla, han pensato bene di ritirar fuori dall’armadio sepolto di naftalina quest’abito buono per tutte le occasioni. Uno stratagemma ben escogitato dai veri manovratori dell’ingranaggio(essenzialmente le elites franco-tedesche) per continuare a prendere le decisioni che contano scaricando il peso degli immancabili insuccessi sull’aplomb gommoso di Mr Euro. E sopratutto sulle decine di milioni di contribuenti accecati dal mito di un’unione rivelatasi rovinosa quanto certi antichi imperi del passato.

Al capezzale

Posted in Economia with tags , , , , on settembre 11, 2011 by lafayette70

Mentre l’Olanda, per bocca del proprio Ministro delle Finanze, “non esclude” una possibile uscita della Grecia dalla zona Euro, Wolfgang Shaeuble, omologo tedesco evoca, in un intervista al periodico ” Der Spiegel” due possibili scenari per tentare una difficile risoluzione alla crisi. Uno di questi comporterebbe, sic et simpliciter, il default del paese ellenico. Sullo sfondo il crescente malumore dei tedeschi per i sacrifici sostenuti in chiave salva-Euro: ben il 76% dell’opinione pubblica è contraria al salasso, secondo le ultime rilevazioni.

Il link alla notizia: http://www.lefigaro.fr/conjoncture/2011/09/10/04016-20110910ARTFIG00600-l-allemagne-se-preparerait-a-une-faillite-de-la-grece.php

Leggende metropolitane

Posted in Economia with tags , , , , , , , , on settembre 7, 2011 by lafayette70

 

Francesco Carbone su risparmio, ricchezza degli italiani ed altre fanfaluche circolanti in un paese sul baratro

 

Tra le retoriche più patetiche a difesa di questo paese in cancrena, ci sono due leit-motiv ricorrenti, uno è l’elevato risparmio degli italiani, l’altro la ricchezza imprenditoriale del paese. Sono due concetti strettamente collegati, ma entrambi fallaci.

Povera ignoranza economica. Davvero le entusiasmanti lezioni di Huerta che ho cominciato a rielaborare oggi, costituiranno per questo paese gestito da una banda di ignoranti una perla unica e rara. Sono sicuro che molti l’apprezzeranno, ma sono altrettanto sicuro che per l’attuale classe dirigente sarà, come si suol dire, l’equivalente di dare le perle ai porci.

Vediamo quindi di spiegare la fallacia di queste due stupidissime affermazioni ripetute a oltranza dai soliti paraculi, impegnati a oltranza nella difesa di un sistema fallito che hanno indubbiamente contribuito a trascinare nel baratro.

Partiamo dal risparmio degli italiani. Come ho accennato nell’articolo del 20 agosto intitolato Fallimento Intellettuale i saldi di conto corrente non costituiscono risparmio. Il motivo di ciò è che il risparmio è sempre un flusso, non uno stock di denaro. E’ un concetto che non è ben chiaro neanche a un bizzarro premionobel che ciancia di alieni come soluzione alla recessione, e quindi tantomeno ai professori universitari che divulgano da decenni una pseudoscienza inutile e fuorviante.

Se pertanto non l’avete ancora capito qua trovate la lezione di Huerta (vedere il sesto tema), peraltro già linkata in quello stesso articolo, che spiega il concetto in maggiore dettaglio. Di seguito vediamo invece di chiarire ulteriormente la questione.

La banca centrale, volendo, può aumentare i saldi di conto corrente di chiunque, cosa che peraltro, in maniera indiretta, fa costantemente aumentando di continuo la base monetaria. Ovviamente in maniera diretta essa aumenta solo i saldi dei compagni di merende, cioè quelli delle banche che coordina e regola. Ma questa come ben sappiamo è tutta un’altra questione che non è il caso di riprendere in questa sede, essendo trattata esaustivamente in tutti i nostri libri.

Concentriamoci invece proprio sull’aumento dello stock monetario. E’ evidente come quest’ultimo, potendo essere aumentato a discrezione, non costituisca affatto risparmio. In un sistema fiat money, ovvero di moneta creata dal nulla e imposta per decreto, i saldi di conto corrente sono semplici numerari riproducibili a volontà peraltro senza alcun bene reale a sostenerne il valore ultimo. E quindi in quanto tali non costituiscono affatto alcuna forma di risparmio.

In teoria, come affermò Mises, qualunque quantità di moneta sarebbe in grado di assolvere alla propria funzione di mezzo di scambio. Ipotizzando uno stock monetario irredibimibile ma immutabile imposto per decreto, potremmo in teoria anche avere un tipo di denaro in grado di assolvere correttamente alla propria funzione di unità di conto e mezzo di scambio (ho diversi dubbi però sulla terza funzione del denaro, quella di essere riserva di valore, per cui trovo sempre preferibile a questa ipotesi una base monetaria costituita da un bene reale altamente valorizzato dagli individui).

In questo caso appena ipotizzato, lo stock monetario sarebbe sempre lo stesso. Ciascun individuo potrebbe decidere di aumentarlo o ridurlo a seconda delle proprie preferenze per la liquidità, ma così facendo ridurrebbe o aumenterebbe necessariamente il saldo di qualcun altro. Se guadagnassi 100 e decidessi di spendere solo 20, lasciando 80 sul conto corrente non avrei risparmiato affatto 80, avrei semplicemente aumentato il mio stock monetario della stessa cifra. Alla stessa maniera potrei decidere di aumentare il saldo di 80, semplicemente disinvestendo la stessa cifra da una attività finanziaria, quale un investimento azionario, o da una personale attività imprenditoriale. Disporrei in tal caso di un saldo maggiore, ma non avrei maggiore risparmio, bensì un risparmio inferiore.

Lo stock di moneta e ciascun saldo di conto corrente quindi non costituiscono risparmio. A costituire il risparmio sono i beni capitali! Il risparmio infatti è la rinuncia al consumo immediato di un bene per utilizzarlo come bene capitale che produrrà in futuro beni di consumo, in maggiore quantità e/o di migliore qualità, che verranno valorizzati dai consumatori più intesamente di quelli disponibili a cui si rinuncia oggi. Il risparmio è quindi un flusso che si concretizza in un aumento dei beni capitali indirettamente a disposizione della società.

L’aumento dello stock di titoli di debito è una forma risparmio. Se lo stock di titoli di debito aumenta significa che qualcuno sta prendendo a prestito risparmi per investirli in beni capitali o attività che nel futuro si pensa, imprenditorialmente, potranno produrre frutti che verranno maggiormente valorizzati dai consumatori. I titoli di stato a loro modo rispondono a questo criterio, ovviamente nel caso, direi praticamente più unico che raro, che lo Stato effettivamente riesca in futuro a rendere un servizio ai propri cittadini maggiore di quello a cui essi rinunciano oggi.

Quindi anche i titoli di Stato sono in teoria oggetto del flusso di risparmio. Ma in pratica, nella realtà odierna, costituiscono ricchezza? Niente affatto, nel caso degli Stati sociali falliti costituiscono un buco nero di nessun valore che ha inghiottito e distrutto risparmio. E l’aumento dei debiti pubblici continua a distruggerne ancora. Il caso di un’azienda mal gestita oramai destinata al fallimento, che decide disperatamente di emettere nuove azioni, è un caso del tutto analogo: alla stessa maniera l’emissione di quei titoli azionari costituirà, molto probabilmente, un buco nero di nessun valore che sta inghiottendo e distruggendo risparmio.

In questi ultimi due casi il flusso di risparmio viene indirizzato male, cioè in attivi finanziari rappresentativi di beni capitali che non hanno alcun valore, e che in ultima analisi stanno distruggendo ricchezza. E questo per il semplice motivo che i beni capitali in cui i risparmi vengono impiegati non sono imprenditorialmente ben allocati.

Se non fosse per la BCE probabilmente il valore dei BTP a dieci anni sarebbe già il 30% più basso dei valori attuali. Dove sarebbe in tal caso quel risparmio di cui si va cianciando tanto? Semplice: sarebbe già andato in fumo come merita. Unicredito, che noi simpaticamente chiamiamo oramai unidebito, un anno fa ha emesso nuove azioni a un valore di oltre due euro, dove è finito quel flusso di risparmi che ha acquistato i nuovi titoli oggi valorizzati dal mercato a meno di un euro? Semplice: andato in fumo. Bruciato.

Il flusso di risparmio costituisce vera ricchezza solo ed esclusivamente se viene indirizzato in attività che creano ricchezza, non che la dissipano. E questo è reso possibile solo da un’attività accorta che in virtù di appropriata perspicacia imprenditoriale riesce a fare un calcolo economico piuttosto corretto sulla futura ed effettiva convenienza di un determinato investimento.

E qua sta la seconda tragica fallacia di quanti affermano che questo paese è ricco. Ricco sulla base di cosa? Di una base imprenditoriale che da anni è stata tremendamente fuorviata nei propri investimenti dall’illusione della droga monetaria e creditizia e che oggi è impegnata in attività insostenibili? Abbiamo capito o no che la struttura produttiva sviluppatasi in tutto il mondo negli ultimi decenni è frutto di una droga monetaria e creditizia che ha avuto come effetto quella di distorcerla e renderla incompatibile con le effettive preferenze temporali dei consumatori?

Signori si studi la Teoria del Capitale, così come spiegata solo ed unicamente dalla Scuola Austriaca, altrimenti questi concetti non entreranno mai nella zucca. La teoria economica mainstream non ha mai sviluppato alcuna Teoria del Capitale, blatera invece a vuoto di un fantomatico flusso circolare del reddito che non ha alcun senso, è pura fantasia senza senso incastonata in una pseudoteoria che fa acqua da tutte le parti.

Se non volete impegnarvi a tanto, fermatevi anche al semplice concetto di funzione imprenditoriale, il concetto chiave di tutta la scienza economica, anche questo totalmente ignorato dalla teoria economica ufficiale. Siamo giunti al punto che l’abominevole livello di tassazione raggiunto dagli Stati sociali e l’elevata burocrazia che intralcia ogni attività umana, stanno soffocando, bloccando, ostacolando sempre di più la funzione imprenditoriale che produce vera ricchezza. Ho sentito persone che oramai, vedendosi tassate a livelli del 60% e oltre, semplicemente si dicono: ma chi me lo fa fare, mi godo quel che ho, e in culo ai parassiti che oramai mi spremono tutto quanto.

Direi che questo ultimo concetto è piuttosto semplice da comprendere. Sicuramente più di quello della Teoria del Capitale: se continuiamo a uccidere le galline, domani non ci saranno più uova. E qua un politico onesto potrebbe rispondere: ma tanto di uova non ne abbiamo neanche più bisogno. La frittata è servita comunque!

Buonanotte Italia.

Il grande fallimento

Posted in Economia with tags , , , , on agosto 20, 2011 by lafayette70

Sempre degno di interesse il consueto editoriale apparso oggi sul sito Usemlab.com:

Più leggo quanto viene scritto in giro, più mi affligge un senso di sconforto. A volte mi sembra di esagerare, sono semplicemente realista o sto sconfinando nel pessimismo? E’ una domanda che mi faccio sempre tutti i giorni. Poi di fronte alle opinioni propagandate dai media, ai discorsi dei politici, al consenso generale che si va formando intorno a questo nuovo crollo dei mercati, mi rendo conto del contrario, sono troppo ottimista!

I miei articoli La Nuova Grande Depressione e Il dopo Crack Up Boom sono articoli pregni di ottimismo! Lasciamo perdere le tempistiche, sulle quali nessuno può avere la sfera di cristallo, ma le prospettive reali sono molto, molto peggiori di quelle delineate. L’ho scritto, l’ho pubblicato con il libro Cosa è il Denaro, bisognerebbe cominciare a urlarlo, a scriverlo su tutti i muri: QUANDO MUORE IL DENARO, MUORE ANCHE LA GENTE! Di questo passo davvero arrivano i morti, altro che nuova grande depressione!

Come scrive anche in questo ottimo articolo Alessandro Vitale , di questo passo, seguendo le soluzioni finora proposte dai burocrati, dai politici e dagli intellettuali di regime, si rischia davvero un collasso della civiltà senza precedenti.

Se dal lato fiscale “le maggioranze parlamentari hanno raggiunto risultati, in tema di asservimento completo dei cittadini, che i principi assoluti non si erano mai nemmeno sognati… [al punto che] la contribuzione fiscale è un dovere indiscutibile e chi lo contrasta è un nemico della Nazione e del progresso“, dall’altro lato, quello monetario, non c’è ancora una minima consapevolezza sulle questioni fondamentali. Nada, zip, niente, meno di zero. Tabula Rasa. Ma che dico, tabula rasa, siamo di fronte a un buco nero!!

Quando leggo l’innominabile, colui che diceva di stare alla larga dall’oro quando era ancora a 500 dollari l’oncia, affermare che le banche centrali risolveranno il problema, davvero non so più che da che parte girarmi per vomitare. Quando leggo che i prezzi delle nostre assicurazioni e banche sono quotate a prezzi pazzi, mi chiedo, ma la riserva frazionaria, la riserva frazionaria, la gente sa cosa è questa dannata riserva frazionaria? Oppure è un concetto troppo difficile da capire?

La grande piramide rovesciata basata sulla riserva frazionaria è uscita fuori di ogni controllo, è diventata una torre di babele, e probabilmente se nel 2008 le banche sono state salvate a suon di trilioni, questa volta, sempre a suon di trilioni, verranno nazionalizzate, come fatto negli anni trenta. Non c’è altra soluzione, e mai c’è stata nel corso della storia!

MAI! MAI.. EMME, A, I. Possibile che nel 2011 ancora ci sia totale ignoranza su questo semplice concetto, la riserva frazionaria, che viene spiegato anche in tutti i libri di economia (ovviamente senza alcuna menzione alla natura fraudolenta di questa pratica bancaria legittimizzata dallo Stato o alle sue conseguenze, cioé quel ciclo economico di espansione e crisi spiegato SOLO ed esclusivamente dalla Scuola Austriaca di Economia)

Riserva frazionaria, significa che le banche commerciali in una crisi economica sono tutte FALLITE! TUTTE! Senza esclusione alcuna. Riserva frazionaria è il motivo principale per cui sono state create le banche centrali e per cui l’oro è stato rimosso dal sistema monetario: per nascondere il fallimento ciclico delle banche a spese del contribuente.

Riserva frazionaria, significa leverage, significa speculazione con i soldi dei depositanti, significa che l’equity, il capitale proprio, rischia di venire spazzato via dalla mattina alla sera! Saltata una banca la reazione a catena può essere fermata solo dalla banca centrale con creazione di nuovo denaro dal nulla, a spese dei risparmiatori.

Di salvataggio in salvataggio, i risparmiatori in trenta anni li hanno ammazzati tutti, e adesso a spese di chi li salvano? Ma pensate ancora che i saldi di conto corrente costituiscano risparmio?? Davvero credete ingenuamente a questo concetto propagandato dai media e dalle università che economicamente è fuorviante e sbagliato (il risparmio è un FLUSSO, non uno STOCK!)?

Che disastro, che disastro!!

Se le forze del mercato imporranno una nuova grande depressione, grazie alla quale la struttura produttiva gradualmente si riaggiusterà e forse, se tutto va bene, tra vent’anni usciremo dalla crisi, per quel che riguarda le capacità di analisi economica, qua ci troviamo di fronte a milioni di cervelli totalmente lobotomizzati dall’istruzione pubblica. Questi sono i veri danni irreparabili che costituiscono la più seria minaccia alle prospettive future di crescita e prosperità!

Come è possibile che premi NOBEL di economia siano stati consegnati a veri e propri stregoni del medioevo?

Come è possibile che alla luce di questa crisi qualcuno cominci addirittura a rispolverare Marx dicendo che aveva ragione? Viene la pelle d’oca. Si preferisce continuare a ignorare l’unica scuola che promuove sani principi di libertà, l’unica scuola che ha teorizzato con coerenza la scienza economica, per lasciare quei cialtroni economici di Keynes e Friedman e tornare a un eretico Marx che di economia non aveva capito neanche la A, figuriamoci la B, la C e il resto dell’alfabeto!

Non ci credete? Leggete qua, oppure andatevi a leggere che dice quell’ignorante di Roubini, un’altro che aveva previsto la crisi, ma che non ha mai capito un’acca delle ragioni che l’hanno causata.

Come è possibile mai parlare con gente comune, accennare alla sovietizzazione dell’Europa in corso e sentirsi rispondere che non sarebbe neanche male perchè in Russia si stava meglio (gente che ovviamente in Russia non c’è mai stata ma che ha ben assorbito tutta la propaganda statalista su cui questo paese si regge dai tempi del fascismo!!).

Come è possibile sentirsi dire che la guerra, che milioni di morti, hanno sempre rappresentato la soluzione finale per rilanciare l’economia?

Come è possibile sentire lo stregone con premio Nobel affermare che la paura per l’arrivo degli alieni potrebbe finalmente realizzare ciò che le politiche keynesiane tradizionali non sono riuscite a risolvere?

Non lo so, ditemelo voi come è possibile. Io so solo che il fallimento intellettuale nello studio della scienza economica rischia di fare di questa crisi una tragedia umana senza precedenti. E affermando questo, penso di non essere né ottimista, né pessimista, ma semplicemente realista.

Il male è meglio del peggio

Posted in Economia with tags , , , , , , on agosto 1, 2011 by lafayette70

L’ultimo editoriale di Francesco Carbone su Usemlab.com: il tetto del debito americano, il ciclo economico, il pericolo iperinflazione, la speculazione e il peso insostenibile delle info-balle:

Per una settimana mi sono divertito a leggere sugli incartapesce disponibili in spiaggia le cronache e i commenti alla seconda ondata di “attacchi speculativi” contro l’Italia. Incredibilmente quasi tutti i giornal(ett)isti attribuivano i problemi sul mercato italiano alla questione del debito americano. Davvero da ridere, un articolo più spassoso dell’altro.

Forse si sono messi tutti d’accordo, forse hanno solamente eseguito gli ordini impartiti dal regime, oppure semplicemente è così che funziona l’informazione: il primo imbecille con buona credibilità che dice una cosa viene imitato da tutti quanti fino a che la sua stupidaggine diventa opinione comune e largamente accettata.

Insomma mi sono ritrovato a leggere decine di editoriali che scaricavano le colpe della nuova caduta dei titoli italiani e della nostra borsa alla pagliacciata imbastita oltreceano dagli americani, in realtà finora ininfluente per i mercati mondiali e a maggior ragione per quelli italiani.

Il tira e molla sul debito americano è stato davvero una buffonata totale. Se fosse stato minimamente influente sui mercati non avremmo avuto l’sp500 ancora in zona 1300 sopra tutte le medie, ma ben al di sotto, magari in zona 1150, e oggi ci sarebbe stato relief really (rally di sollievo) veramente significativo, anzi che l’ennesimo gatto morto di cui oramai, dopo decine di rimbalzi, non è rimasta che una carcassa in decomposizione.

I burocrati o pianificatori centrali che gestiscono i sistemi economici possono alzare il debito quanto vogliono, possono creare tutti i super fondi salva stati che vogliono, possono cercare di mantenere tutti gli aspetti formali che vogliono, possono raccontarla come vogliono, ma a questo punto non possono più cambiare la sostanza delle cose e cioè che questi due grossi agglomerati economici sono falliti.

Si forse non avete letto bene, lo ripeto: la verità è che sia gli Usa che l’Europa sono falliti. I burocrati non possono più farci niente! Dollaro ed Euro sono oramai le valute in fallimento di due agglomerati economici in bancarotta. I banchieri che gestiscono in maniera centralizzata gli agglomerati monetari utilizzati in queste due aree economiche non possono farci niente! Così come non possono farci niente i poveri banchieri centrali delle altre nazioni del pianeta.

Il forex, il mercato valutario, ci sta dicendo proprio questo. Basta saper leggere i numeri e ignorare le idiozie che ci propinano i media. Passi il franco svizzero considerato valuta rifugio e in tal senso percepito più sicuro e più liquido anche dell’oro (ahahah ahahah), ma vi siete chiesti perchè lo yen sta facendo nuovi record contro dollaro? Lo yen, la valuta di un’altro paese fallito ancora da più lungo tempo! Neanche il devastante terremoto di marzo è riuscito a fornire alla banca centrale giapponese sufficienti scuse e cartucce da sparare sulla propria valuta per cercare di svalutarla contro dollaro.

La verità è che i flussi in uscita da Euro e Dollaro sono semplicemente troppo forti. Nessuna banca centrale del pianeta (tranne per ora quella cinese) può riuscire a impedire che la propria divisa si apprezzi nei confronti di queste due valute. In teoria potrebbero, perchè come spiega anche Bagus nel libro La Tragedia dell’Euro, una banca centrale trova un limite nei tentativi di difendere la propria divisa dal deprezzamento non nel cercare di ostacolarne l’apprezzamento verso altre valute.

Per impedire il deprezzamento infatti deve acquistare la propria divisa vendendo e bruciando riserve valutarie (che sono limitate). Invece per impedire l’apprezzamento basta stampare la propria divisa nazionale con la quale andare a comprare valute straniere, e in teoria ciò può essere fatto senza limiti.

Il problema però sta proprio qua, nel passaggio dalla teoria alla pratica: di fatto per impedire l’apprezzamento del franco svizzero la cui quantità al confronto delle masse di EUR e USD è ridicola, la banca centrale svizzera dovrebbe stampare talmente tanti franchi da mettere a rischio la stabilità monetaria del proprio paese. Stessa cosa per il Giappone. Quindi le banche centrali di questi paesi provano verbalmente a condizionare gli operatori, ogni tanto intervengono sul mercato, ma i flussi sono più forti di ogni loro parola e di ogni loro azione. Ostacolarli richiederebbe davvero stampare una valanga di denaro con ripercussioni devastanti all’interno del paese.

Prima o poi in qualche modo però la situazione troverà uno sfogo. Se la Svizzera è un porto sicuro anche dal punto di vista della proprietà privata, e tutto sommato può reggere ancora ulteriori apprezzamenti della propria divisa, il Giappone presto o tardi si troverà nei guai dando il via, secondo me, a qualche sorta di reazione a catena. Tutti gli altri paesi del mondo sono infatti nella stessa situazione: per impedire l’apprezzamento delle proprie valute contro Dollaro ed Euro stanno alimentando bolle speculative in serie all’interno delle proprie economie. La Cina, ad esempio, per impedire l’apprezzamento dello YUAN ha letteralmente fatto crescere e continua ad alimentare una economia totalmente drogata che rischia adesso un collasso davvero spettacolare. Nelle stesse condizioni si trova anche il Brasile.

La dinamica monetaria espansionistica, originata dalla FED e dalla BCE per nascondere il fallimento di USA ed Europa, sta di fatto travolgendo tutte le banche centrali del pianeta. Quando arriverà al limite, partirà quello Tsunami o shock di prezzo che i burocrati da anni stanno cercando di rimandare con il solo risultato di peggiorare le cose. Gli effetti che emergeranno saranno tremendi. Più a lungo i burocrati riescono ad impedire e ad ostacolare il funzionamento dei mercati, ignorando la sostanza dei fatti, più la cosa sarà devastante. E’ per questo motivo che ogni giorno, da diversi anni, mi auguro: the sooner the better: prima succede meglio è per tutti.

Allegria di naufragi

Posted in Economia with tags , , , , on luglio 27, 2011 by lafayette70

Da Usemlab.com, rivista web di economia austriaca, sottopongo all’attenzione dei lettori questo articoletto di Philippe Bagus autore del libro, speriamo presto bestseller internazionale, “La tragedia dell’Euro”. Vi è esposta non solo una critica feroce, seppur argomentata con il massimo della lucidità, di questo fallimentare progetto monetario e dell’ideologia che la sussume, ma anche della possibile soluzione per evadere dal rischio concreto di un super-stato sempre più pervasivo:

Come argomento dettagliatamente nel mio libro La Tragedia dell’Euro si delineano per l’Unione monetaria europea tre scenari.

Il primo è che il Patto di Stabilità e Crescita venga riformato e fatto rispettare con sanzioni automatiche per quei paesi che non rispettano i vincoli previsti. Nei paesi della periferia ciò richiede che vengano intraprese severe misure di austerità, che si riformi il mercato del lavoro, che si proceda con le privatizzazioni e che si accetti una riduzione del tenore di vita.  Il caso greco ci ha mostrato come questa opzione sia difficilmente perseguibile a causa delle resistenze politiche e sociali da parte dei socialisti, contrari a un ridimensionamento del settore pubblico. Per il 2011 ci si aspetta che il deficit greco sia pari al 9.5% del PIL, ben oltre il limite del 3% stabilito dal patto e il 7.4% stabilito dalla Commissione Europea.

Il secondo scenario prevede un crollo dell’unione monetaria. La periferia non ha alcun interesse a uscire dall’Eurozona. I governi di tali paesi stanno beneficiando delle garanzie fornite dal cuore del sistema e dalla redistribuzione di ricchezza realizzata dalla moneta unica. Un’eventuale uscita implicherebbe una sostanziale riduzione del tenore di vita dei paesi della periferia. Stando così le cose, perchè il cuore dell’unione non si decide ad abbandonare l’Euro? Benché un’uscita dalla valuta unica sia nell’interesse della popolazione di questi paesi, l’elite politica e finanziaria ha tutto l’interesse a sostenere il progetto dell’Euro. Come abbiamo appena potuto constatare in questo ultimo summit, la cancelliera tedesca Merkel non solo ha rinnegato la clausola di non salvataggio prevista dal trattato di Maastricht, ma anche una precedente risoluzione del parlamento tedesco contraria agli acquisti di obbligazioni da parte dell’unione economica e monetaria.

Ciò lascia aperto solo il terzo scenario verso il quale stiamo marciando a passo spedito: una Unione dei trasferimenti e un super Stato europeo. Il summit di giovedì 21 luglio 2011 segna un decisivo passo in questa direzione.

Il governo Greco otterrà altri 109 miliardi in prestito fino al 2014. Le scadenze dei prestiti verranno estese dai sette anni e mezzo (originariamente erano addirittura tre) a 15 anni. I tassi di interesse verranno ridotti dal 4.2% (originariamente erano al 5.2%) al 3.5%, e questa agevolazione sui tassi verrà estesa anche all’Irlanda e al Portogallo

Dietro le quinte del salvataggio greco, l’incontro dei vertici ha anche realizzato un altro salvataggio a favore del sistema bancario e finanziario. Banche, compagnie di assicurazione e altri investitori privati potranno scambiare i loro vecchi bond greci contro obbligazioni di nuova emissione con scadenza più lunga. Joseph Ackermann, amministratore delegato della Deutsche Bank, ha stimato che le svalutazioni per le banche saranno pari a circa il 21% del valore nominale dei bond greci in portafoglio. I politici hanno venduto all’opinione pubblica questa procedura come partecipazione degli investitori privati al salvataggio della Grecia. In realtà si tratta di un altro salvataggio per il sistema bancario, dato che limita le perdite delle istituzioni creditizie e assicurative al 21% lasciando il resto del fardello sulle spalle dei contribuenti.

I vecchi bond vengono permutati con i nuovi che sono garantiti dal fondo salvastati EFSF, cioè dai contribuenti dell’unione europea. Senza questo secondo salvataggio della Grecia, il governo ellenico avrebbe dovuto dichiarare fallimento. La seguente ristrutturazione del debito avrebbe causato alle banche perdite molto più alte, le cui stime variano tra il 50 e il 70% dei titoli in portafoglio, contro appunto il 21% previsto dal piano di partecipazione degli investitori privati! Grazie a tutto ciò, l’intero sistema che finanzia e appoggia i governi esce effettivamente con un danno piuttosto contenuto. Di fatto i banchieri possono ritenersi ben felici di essere riusciti ad ottenere questo nuovo salvataggio, ben mascherato e tenuto nascosto al pubblico.

La più importante conseguenza del summit di ieri rimane comunque l’ufficiale impostazione di una Unione dei trasferimenti che si realizza tramite la concessione di nuovi poteri all’EFSF, il fondo salvastati. L’Eurozona ha sempre realizzato trasferimenti di denaro ogni qualvolta la BCE accetta i bond dei paesi della periferia come collaterale monetizzandone indirettamente i deficit. L’anno scorso, la BCE ha persino cominciato ad acquistare direttamente le obbligazioni emesse dagli Stati periferici, scaricando il costo del salvataggio su tutta l’unione europea. Tuttavia secondo gli accordi presi ieri, gli acquisti della BCE passeranno in secondo piano. Il costo del salvataggio verrà riversato solo sui paesi che effettivamente garantiscono il fondo EFSF.

L’EFSF adesso potrà concedere linee di credito a quei paesi che si troveranno in difficoltà nel rifinanziare il proprio debito. In più, potrà acquistare i titoli di stato sul mercato secondario. Di fatto il ruolo della BCE viene rilevato parzialmente dall’EFSF.

La possibilità di potersi finanziare tramite l’EFSF rimuove quelle dovute pressioni che spingono attualmente i paesi della periferia a ridurre i deficit e il peso del proprio debito pubblico. Perché introdurre misure di austerità, perché procedere con le riforme del mercato del lavoro e le privatizzazioni del settore pubblico, se ci sono adesso i fondi resi disponibili dall’EFSF a tassi di interesse ridicoli? Un partito che vuole vincere le elezioni può tornare a promettere nuove spese, abbandonando ogni progetto di riforma. Attraverso la spesa pubblica e il ricorso ai deficit i governi possono continuare a mantere articialmente elevato il tenore di vita della propria popolazione. In tal modo i debiti continuano a crescere mentre i disavanzi a persistere.

Molto probabilmente la Grecia, l’Irlanda, il Portogallo e presto anche Spagna, Italia e Belgio prenderanno a prestito esclusivamente dall’EFSF. Per essere efficace le dimensioni del fondo dovranno essere ampliate. Il garante principale sarà sempre la Germania. Un report di Bernstein Research calcola le necessità di finanziamento della periferia: “siccome le garanzia fornite da paesi come l’Italia diventano vuote di contenuto, la Germania dovrà provvedere ad innalzare la propria quota a 790 miliardi di euro, o il 32% del proprio PIL.” Se la anche la Francia venisse downgradata dalle agenzie di rating la garanzia tedesca salirebbe a 1.385 trilioni (il 56% del PIL).

L’unione dei trasferimenti implica un trasferimento di poteri alla Commissione Europea che ci avvicina sempre di più al super Stato europeo. Gli incentivi a ridurre i deficit crolleranno non solo nella periferia ma anche nel cuore dell’unione. Perchè risparmiare in paesi come la Germania se i risparmi vengono impiegati per finanziare la periferia? Invece di ridurre le pensioni tedesche per garantire quelle greche, i tedeschi spingeranno per avere anche essi una maggiore spesa pubblica. Al fine di sostenere gli Stati sociali e i trasferimenti di denaro sarà necessario aumentare le imposte (magari tramite una tassa europea aggiuntiva) e fare maggiore ricorso alla stampante monetaria. La centralizzazione dei poteri permetterà infatti l’armonizzazione delle tasse e delle normative. Distrutta ogni forma di competizione fiscale, ci sarà una tendenza ulteriore verso una pressione fiscale sempre più elevata. Grazie a tutto ciò il potere di Bruxells continuerà ad aumentare.

Sembra esserci solo un modo, aggressivo e costoso, di fermare questo processo di sovietizzazione dell’Europa: l’abbandono dell’Unione da parte della Germania, la cui uscita dall’Euro potrebbe far collassare l’intero progetto della moneta unica salvando i destini dell’Europa.

il Giorno più lungo?

Posted in Economia with tags , , , , , , , , on luglio 11, 2011 by lafayette70

Dal sempre interessantissimo sito dell’Associazione Usemlab estrapolo quest’articolo di Francesco Carbone che  aiuta a capire cosa sta realmente accadendo dietro all’improvviso (e non inatteso) dramma odierno della borsa e dell’economia italiane:

Il 27 giugno 2011, nel thread “Spiazza Affari” del forum interno riservato agli associati, ci ponevamo il problema di capire cosa fosse veramente successo quel tragico venerdi 24 giugno 2011 sul mercato italiano a seguito di uno “strano” movimento su alcuni titoli bancari italiani. Ci aspettavamo a dire il vero una risposta più dettagliata da parte dell’Autorità competente preposta. Gli strumenti a sua disposizione sono sicuramente sufficienti a spiegare se si fosse trattato semplicemente di un banale e inusuale “errore” di stop loss o se le problematiche fossero state altre (leggasi segnale di imminente attacco speculativo contro il nostro amato paese).

A tal proposito scrivemmo:

“Le Autorità competenti italiane hanno a disposizione tutti gli strumenti per dare una risposta rapida esaustiva, dettagliata, al mercato di cosa sia successo veramente il giorno 24 giungo dalle ore 12.35 alle ore 12.45 circa; diversamente il mercato potrebbe recepire questa carenza d’informazione esaustiva in maniera “ DISORDINATA” su questi 2 titoli oggetto della discussione (e non solo!!!) spingendoli su valori di prezzo infinitamente molto più bassi”.

Noi rimaniamo della convinzione che alcuni sapessero veramente cosa si stava perpetrando dietro le quinte a danno dei piccoli risparmiatori italiani (la maggioranza degli operatori finanziari comunque non si aspettava un attacco speculativo contro l’Italia); nei mercati finanziari vige il vecchio saggio “ i soldi in borsa li fanno veramente in pochi e i pasti gratis non ci sono“, bisognava perciò colpire un peso massimo perché il gioco alla fine potesse essere veramente profittevole e il mercato cash dei BTP liquidissimo si prestava a questo. Già a partire dall’anno scorso abbiamo evidenziato ai soci che il gioco al massacro iniziato con la Grecia aveva in realtà un obiettivo “ben preciso”: l‘Italia .

Quel 24 giugno un brivido scosse la nostra mente quando sui terminali visualizzammo il bombardamento di vendite sui titoli di Unicredito e Banca Intesa. Questo era il segnale in codice che qualcosa di imminente e sconvolgente stava per abbattersi sui nostri risparmi. La stampa mainstream interpretava questi segnali (visti di nuovo venerdì 10 luglio) come problemi di microstruttura, tanto che si era affidata alle parole di un noto professore universitario per cercare di spiegare e teorizzare qualcosa di ben più diretto. Qualcosa che sul nostro forum era già stato ampiamente analizzato e previsto.

Il dramma che il nostro paese sta percorrendo è ampiamente dimostrato dalla seduta odierna e crediamo che questo lunedì “nero” possa confermare (se ve ne fosse ancora bisogno) che non si è trattato dell’ennesimo problema di microstruttura del mercato, ma di un attacco in grande stile contro il sistema finanziario italiano!!! Chiaramente la stragrande maggioranza dei siti web mainstream che si occupa di “mercati finanziari”per incapacità di analisi (non crediamo per altro) non ha mai evidenziato (in maniera analitica e suffragata anche da una solida teoria economica alla base come quella della Scuola Austriaca”) quanto si sarebbe perpetrato da li a pochi giorni a danno di quel “BIG PIG” che viene comunemente, ma impropriamente definito “too big to fall”: l’ITALIA .

Questa tipologia di operazioni in cui migliaia di risparmiatori perderanno gran parte dei loro sudati e onesti risparmi sono costruite minuziosamente, vengono concordate a tavolino e devono essere rapide, incisive e soprattutto “non attese” per poter essere coerenti con lo scopo principale : quello di fare miliardi di euro di profitto a danno dei soliti noti: i risparmiatori. La nostra classe dirigente è impreparata a gestire un evento di questa portata (vi consigliamo vivamente di leggere Cosa è il Denaro e La Tragedia dell’Euro se non lo avete ancora fatto) e anziché preoccuparsi di quello che sta  accadendo (di cui abbiamo finora visto solo la punta dell’iceberg) ha preferito continuare per la propria strada… Basti ricordare che negli ultimi 20 anni questa classe dirigente ed incompetente è riuscita in un impresa colossale: spingere il debito pubblico da 900 milioni di euro circa (1994-1995) a quasi 2 trilioni di euro nel 2011!!!

Avete mai visto un italiano incavolato per questo? non lo vedrete mai, neanche ora, tranquilli! E’ già pronto l’effetto camomilla della disinformazione! Del resto da qui a fine anno ci sono solo 120-130B di euro da rifinanziare e la notizia del FT che riportava a riferimento il battibecco tra il ministro del tesoro italiano e il presidente del consiglio italiano (“He is worried about the markets…but I [Berlusconi] always remind him that in politics the results is made up of consensus and votes”) non può che sollevare forti preoccupazioni!

Ma non dobbiamo essere sorpresi o stupiti se i burocrati il conto non lo pagheranno neanche questa volta! Al massimo si assisterà a qualche dimissione eccellente a seguito di quello che sarà ricordato come il più grande selective default di tutta la storia moderna e contemporanea dell’ultimo secolo. La “speculazione ” staccherà la spina solo dopo che qualcuno di importante avrà alzato bandiera bianca.

Ricordiamoci che nei prossimi 5 anni ci sono da rifinanziare circa 900 B di euro di debito italiano e se i rendimenti dei titoli di stato sono quelli visti nelle giornate di mercoledi e giovedi ci sono circa 10B di interessi in più da pagare all’anno pari a circa uno 0,65% di GDP italiano… se invece i rendimenti fossero quelli visti oggi o quelli che vedrete nelle prossime settimane… beh vi rendereste conto perchè abbiamo affermato quanto sopra in relazione a quella frase sconnessa detta dal presidente del consiglio italiano.

Oggi intanto si è tenuta una riunione di emergenza:

EU COUNCIL PRESIDENT VAN ROMPUY CALLS EMERGENCY MEETING FOR MONDAY MORNING TO DISCUSS EURO ZONE DEBT CRISIS

ovviamente la propaganda di regime negherà che la riunione ha come unico scopo quello di discutere l’ampliamento del fondo EFSF: probabilmente già servono ulteriori 1,5 trilioni, a tanto ammonta infatti la” valanga azzurra.”

Ad ogni modo la situazione più preoccupante dopo la devastante seduta odierna è il livello dello spread contro la Germania, che oggi ha soprasssato i 300 basis point sulle scadenza 10 anni (era a 185 una settimana fa), mentre allo stesso tempo il cds è arrivato a 280 (mentre il 7 luglio 2010 era 222 bps con merito creditizio A+ da parte di S&P).

Se nei prossimi giorni peggiorerà, il rating dell’ITAGLIA con la valutazione del CDS attuale, andrebbe a finire tra BBB e BBB-. Come vedete molto probabilmente il declassamento di S&P prossimo sull’ITALIA sarà di diversi notch e si andrà a posizionare quasi certamente sulla linea del piave in BBB ultimo gradino dell ” investment grade “, tutto ciò farà da valanga su banche ma soprattutto su assicurazioni che dovranno ” anticipare” gli eventi e vendere i loro titoli di Stato in portafoglio per evitare di arrivare ultimi. I fondi obbligazionari investment grade infatti non possono detenere titoli “non investment grade”.

Si tratta una valanga annunciata che nessuno potrà fermare. E’ solo questione di tempo… chi ultimo arriva perde tutto!

Miti da sfatare (di Luca Fusari)

Posted in Economia with tags , , , , , , on luglio 8, 2011 by lafayette70

L’Italia si sa è da sempre un Paese in costante declino, la crisi economica che stiamo vivendo è il prodotto politico di questo declino avente come cause l’assoluta fideistica fedeltà verso tesi e paradigmi economico-politici completamente antiquati, non funzionanti e funzionali a risolvere i problemi che esse stesse causano da molto tempo.

La gente ha creduto al contratto collettivo offerto dallo Stato e dai suoi interpreti di professione, i politici, hanno ritenuto che potessero garantire una nuova era di ricchezza per tutti.

Purtroppo come stiamo verificando in questi giorni di manovra finanziaria, tale paradigma si è rivelato una mera truffa all’atto pratico, negante ogni premessa e ogni promessa elettorale; l’incapacità di questi nel produrre una crescita economica e nuova ricchezza costituisce il primo passo per una successiva spirale di frustrazione e di impoverimento che portano a stagnazione e ad un progressivo imbarbarimento della società.

A fronte di tale quadro desolante, uno dei segnali di imbarbarimento sociale non è solo la crescita esponenziale delle tasse e della violenza ma anche della spazzatura.

La spazzatura è il segnale visibile di una incapacità del sistema di funzionare, di rispondere e di assolvere al proprio compito e al ruolo prestabilito; il caso/caos di Napoli inondata dalla spazzatura risulta evidente e mostra come sia i centri decisionali centrali che quelli periferici di fatto siano ormai prossimi alla loro implosione.

A fronte di ciò a fronte di tale spazzatura materiale o visibile, esiste anche un’altra spazzatura a questa connessa che precede e segue ostinatamente quella visibile: quella “informativa”.

Un esempio di spazzatura informativa è la propaganda, la quale informativa non è se non degli atteggiamenti e degli umori decisi dall’alto come degni di essere veicolati nella società.

Essa risulta essere il necessario corollario del sistema al fine di legittimare e presentare sé stesso sempre e comunque sotto i migliori auspici e mai nel torto.

La propaganda viene riciclata e continuamente ripetuta su vari media, nelle forme e nei modi più variegati dai sedicenti “intellettuali di corte” e dal sistema politico-informativo mainstream nel tentativo di consolidare la fedeltà, solidificare saldamente l’ideologia dello Stato quale unico salvatore al fine di estirpare ogni dubbio o scetticismo verso il sistema nonostante il suo clamoroso fallimento politico ed economico.

I “venditori di aria fritta” non mancano a tutti i livelli, capita quindi sovente che tale spazzatura divenga anche un facile e diffuso canovaccio, un mero feticcio da riproporre in chiave di emulazione, quale mezzo e stile argomentativo in mano non a professionisti della disinformazione di sistema ma ad improvvisati loro adepti, ammiratori non meno pericolosi dei primi.

Generalmente sottoprodotto di tale vuoto pneumatico postmoderno creato ad arte, smaniosi dei loro 15 minuti di celebrità vogliono anche loro contribuire in assenza di chiari principi e idee in loro possesso al festival della castroneria e della mera mistificazione al solo scopo di continuare a perseguire le ideologie collettiviste, stataliste e dell’assistenzialismo di massa, negando ogni loro possibile fallimento di tali programmi agli occhi del lettore. 

Sulla rete non mancano tali esempi tra siti complottisti, deliranti e signoraggisti, laddove essi vengono ignorati o ritenuti talmente deliranti e illogici per l’umana ragione da non necessitare nemmeno di una risposta in realtà si rivelano dilaganti, l’attuale Stato di barbarie consente di perpetuare anche sulla rete errori ed orrori all’infinito.

Ecco perché mi sono preso il compito di analizzare e rispondere punto su punto in merito all’articolo, Economia strudel che ho potuto leggere sul blog (ex Wolfstep®) ora Kein Pfusch® (traducibile in Nessun pasticcio, sic!) del tenutario Uriel Fanelli.

L’articolo segnalato risulta essere un chiaro esempio della vuota demagogia di questi personaggi che vogliono ergersi a tribuni della plebe in difesa del sistema e dello status quo.

Il suo contenuto, spacciato come assoluta verità da parte del suo autore è facilmente confutabile dalla prima all’ultima riga inequivocabilmente.

Il nostro Solone inizia il suo articolo presentandosi come “pontefice del Nuovo Verbo salvifico” inveendo scomuniche manco fosse Caronte verso i dannati dell’Inferno dantesco (in questo caso i membri e sostenitori della Scuola Austriaca) da lui ritenuti nonostante tale suo incipit come dei fanatici e di fatto commistionati in una precedente vita con la scuola di Chicago, scuola economica che finisce anch’essa nel suo mirino più in senso lato in relazione alla prima, per il suo presunto cambio di nome.

            «Una nube di idioti, tra cui la rinomatissima (per le cazzate che dice) scuola Austriaca (prima gli stessi idioti erano fanatici  della scuola di Chicago, poi dopo una serie di figure di merda hanno dovuto cambiare nome) sta continuamente ammorbando i commenti di questo blog nella speranza di pubblicizzare le cazzate che scrivono riguardo le farlocchissime teorie che la scuola stessa propugna. Cosi’, spiego come mai sia una gigantesca montagna di merda, semplicemente mostrando come, nei fatti, TUTTI i loro presupposti siano FALSI».

Già in poche righe l’autore ha scritto due menzogne, facilmente smentibili (si veda la prima nota in fondo a questo articolo) anche senza possedere un master in economia solo cercando sul web o addirittura su Wikipedia tanto le informazioni relative a queste due scuole economiche sono in sè chiare.

La scuola austriaca considera il libero mercato come il prodotto dello scambio volontario di beni da parte degli individui, ossia  come il risultato di una interazione tra differenti esigenze degli esseri umani derivanti a loro volta da scelte marginali soggettive singolarmente prese entro una scala di valori di utilità a loro rispettivamente convenienti.

Il prezzo stabilisce l’incontro della domanda e dell’offerta tra consumatore e produttore in relazione ai loro beni e bisogni.

Nella teoria economica austriaca il denaro viene considerato anch’esso un bene solido, una merce-prodotto di scambio per altre merci, esso quindi viene a costituire una merce avente un suo valore di mercato (di richiesta e offerta) che in ragione delle sue particolari caratteristiche di accettazione e utilizzo universale assume un ruolo fondante per tutti gli altri scambi.

Gli economisti austriaci sono inoltre favorevoli a ritenere come moneta (e quindi come bene di scambio universale in cambio di altri beni) l’oro o altri metalli (argento e platino) o minerali preziosi.

Sono quindi considerate come monete quelle valute-merci monetarie utilizzate come promesse di pagamento nelle compravendite aventi un legame o meccanismi di riserva integrale a tali beni solidi.

In ragione di ciò gli economisti austriaci sono contrari alla fiat money (moneta fiduciaria) emessa senza equivalenti in oro dalla Banca centrale (ente monopolista di Stato avente tendenze inevitabilmente inflazionistiche/espansive sull’offerta e disponibilità di denaro sul mercato), la presenza di questo ente implica l’impossibilità che la moneta sia un bene limitato in quanto non falsificabile a livello politico, la moneta di Stato non è un bene autoregolato dal mercato attraverso i suoi liberi scambi con un suo alto valore di acquisto nei confronti degli altri beni, ma risulta essere una moneta fiduciaria espansa in costante perdita di potere d’acquisto a causa della sua stessa inflazione.

La Scuola di Chicago nasce invece ufficiosamente nei primi del Novecento attraverso economisti di ambito neoclassico aventi posizioni però originariamente di sinistra e perfino proto-keynesiane miranti ad un controllato equilibrio economico da parte dello Stato sugli scambi economici di mercato.

Economisti come Irving Fisher tra i maestri seguiti da Milton Friedman (e citati da quest’ultimo nei suoi testi), non solo erano favorevoli alla moneta di Stato sotto il controllo della banca centrale (separando la trattazione della moneta-merce dal resto dell’economia e dal suo naturale processo di libero scambi di mercato) ma attraverso la suddivisione dell’economia in macro e micro-economia posero anche le premesse per altri interventi legislativi da parte dello Stato nel contrasto a livello macro del formarsi spontaneo di aggregati o potentati economici monopolisti o oligopolistici (i cosiddetti trust) visti dalla scuola di Chicago come un problema a priori da prevenire assolutamente, nell’ideale e utopica realizzazione dello scenario di concorrenza perfetta di libero mercato all’ombra dello Stato.

Tale scenario di concorrenza perfetta fu ripresa dal gruppo dei Chicago boys di seconda generazione degli anni ’50-’60 venutosi a costituire nel Dipartimento di economia all’Università di Chicago e aventi ampia risonanza nel corso degli anni ’70-’80.

L’idea della concorrenza perfetta come finalità economica da realizzarsi artificialmente e sistematicamente a tavolino nel mercato, non solo nelle opportunità di ingresso di nuovi soggetti fornitori di servizi ma anche come suo funzionamento e indotto prodotto è la costante che accomuna le generazioni di Fisher e di Friedman.

Pur moderando e riformando il modello di Fisher, essi restano promotori di una visione di egualitarismo economico e commerciale attraverso lo strumento di un mercato strettamente controllato nel suo funzionamento e nelle sue regole dallo Stato anche attraverso lo strumento monetario.

Gli esponenti della scuola di Chicago a differenza dei keynesiani non negano l’utilità del libero mercato e la sua interazione positiva e virtuosa, ma tale sua utilità e sviluppo viene di fatto limitata pesantemente nella sua spontaneità venendo piuttosto indirizzata, gestita e quindi distorta come strumento dalle regole e dai regolamenti politici che ne gestiscono e controllano il suo funzionamento in funzione di una certa “economia giusta di mercato”.

Queste regole normative negano all’atto pratico di fatto la piena libertà del mercato nelle scelte dei soggetti verso determinati offerenti ritenuti dai consumatori magari maggiormente convenienti o soggettivamente più vantaggiosi rispetto ad altri possibili loro alternative.

Gli uomini di Chicago non interpretano tali decisioni degli individui come libere scelte soggettive di preferenza in quanto perseguono l’idea della concorrenza perfetta specie nei soggetti macroeconomici privati, laddove non vi sia tale equilibrio ove cioè una multinazionale o un’industria dimostri di essere superiore alle altre, essi ritengono che vi sia in atto una qualche distorsione o vantaggio realizzato a beneficio dall’offerente (la famosa “posizione dominante”) e non dai consumatori, rispetto ad altre possibili aziende concorrenti (le quali magari sono amici dei politici o hanno prodotti più cari o di minor qualità) oltre che nei confronti dei consumatori stessi.

Risulta evidente come tale intervento antitrust nella macroeconomia sia ingiustamente sanzionatorio nei confronti dell’industria che è riuscita ad emergere grazie ai propri investimenti e ai prodotti più competitivi e a buon mercato, risulta quindi essere un intervento controproducente alla promozione sia della qualità che della quantità dei prodotti a causa di una visione disincentivante verso il merito industriale con una tendenza quindi all’omologazione e alle tesi dei sindacati e delle corporazioni industriali in ragione di una uguaglianza dei contratti lavorativi e delle regole di produzione di mercato tra attori dello stesso ambito.

In pratica l’intervento teorizzato dai Chicago boys risulta essere teso ad una forma di dirigismo e di social-corporativismo, il problema per questi non è nell’azione pubblica e nel monopolio dello Stato ma semmai nell’azione privata (addirittura umana) presente nel mercato.

La Scuola di Chicago è quindi antitetica per finalità, soluzioni e punti di vista basilari da quella austriaca.

La suddivisione in macro-micro economia e l’idea che la macro vada regolata attraverso lo Stato implica di fatto conseguenze che Murray Rothbard esplicitamente bollò come proto-keynesiane, bisogna inoltre ricordare come non si possa ritenere l’economia una serie di compartimenti stagni (macro, micro, questione della moneta) né si può ragionevolmente categorizzare cosa sia macro e cosa sia micro nel tempo.

L’idea che regolando artificialmente e legislativamente la macro e la moneta la micro (delle piccole medie imprese) resti immune da tali conseguenze è una utopia; la micro ne risente come effetti in quanto l’economia è unica non esiste macro-micro in economia, inoltre non esistono né possono esistere criteri per definire nel tempo cosa sia macro e cosa sia micro entro lo sviluppo industriale o commerciale di una attività, questo sia come sviluppo industriale e ricerca delle aziende (nel caso di una loro crescita) sia nel caso una azienda sia in difficoltà (e quindi in fase di recessione).

L’intervento regolatore nella macro implica che lo Stato espanda la propria influenza in modo surrettizio e progressivo su tutta l’economia arrivando di fatto a regolamentare direttamente anche la micro e ampi settori della vita pubblica; la storia quindi della macro-micro è un “cavallo di Troia” per porre un iniziale margine di intervento della politica sull’economia.

Milton Friedman pur rivedendo alcune tesi di Fisher è rimasto ancorato all’idea che lo Stato dovesse regolare le grandi corporation e multinazionali attraverso lo strumento dell’antitrust in mano politica e utilizzare la moneta per regolare il costo della vita e i prezzi dei beni di consumo (le sue idee sono definite non a caso monetariste), esse implicano quindi che la banca centrale operi a tal scopo emettendo periodicamente denaro nel mercato e negli istituti di credito mediante il meccanismo della riserva frazionaria.

A fronte di tutto ciò appare evidente come il liberismo enunciato retoricamente dai monetaristi e dai sostenitori della scuola di Chicago sia un liberismo solo a livello ideale (che ben si sposa con la retorica dei leader politici a cui sovente fanno gioco di sponda) ma non all’atto pratico in quanto nella realtà esso costruisce numerosi lacci e lacciuoli politico-burocratici tesi di fatto a regolamentare il mercato a tal punto da renderlo una variante del corporativismo a livello economico.

L’influenza della politica nell’ambito monetario di fatto ne fa una variante “soft” del keynesismo arrivando di fatto a differenziarsi da esso solo per durata di intervento dell’emissione di moneta onde evitare una Grande Depressione.

Luca Fusari

Quod erat demonstrandum

Posted in Economia with tags , , , , on luglio 4, 2011 by lafayette70

Dal sito “Rischio Calcolato” recupero questo pezzo di Francesco Simoncelli, al secolo Johnny Cloaca:

Era strano che infatti dopo tanta assenza dalle scene pirotecniche si rfacciano vivi certi figuri quando le cose sembrano precipitare di nuovo. Ovvero il piede é pronto a dare un successivo calcio al barattolo, solo che il piede si sta stancando vista l’enormità che tale barattolo nel tempo ha acquistato. E’ più difficile calciarlo. Fa male. Però lo si calcia lo stesso. Solo che arriva il cretino di turno che ci dice che quello che percepiamo non é dolore, bensì un “riflesso spontaneo che deve essere intensificato” per il bene di tutti (ovviamente). Ma date le condizioni precarie in cui versano le persone in giro per il mondo, si sta capendo che quello che si prova é davvero dolore e non un’altra funambolica trovata di qualche imbecille Keynesiano che vuole assolvere e beatificare l’aiuto agli “amici degli amici”. E allora ci ritroviamo col solito zombie che ci offre l’ennesima supercazzola per giustificare la sconsideratezza dei suoi padroni. Leggiamo[1]:

«I ricchi sono molto pochi in qualsiasi paese, ma posseggono un enorme potere. Un indicatore di questo potere è ciò che sta accadendo con il debito pubblico sia negli Stati Uniti che nell’Unione Europea, come anche in Spagna. La loro influenza sullo Stato di questi paesi ha determinato una notevole diminuzione delle tasse negli ultimi trent’anni (in Spagna negli ultimi quindici), cosa che gli ha permesso di diventare ancora più ricchi.»

Ora salta fuori che tutti i ricchi sono uguali. Ovvero, chi possiede qualcosa diventa automaticamente l’anatema della civiltà e solo una decrescita felice ci potrebbe far diventare tutti uguali, a sguazzare nella melma e rinchiuderci nelle nostre capanne di fango. Santa madre terra sarebbe contenta così come tutti i flagellatori dei santissimi coglioni sulle questioni dell’anidride carbonica e dell’ozono. Puttanate, perché é la classica differenza che manca di affiorare quando si parla di imprenditori (cancro dell’umanità, secondo questi grandi pensatori economici della fanghiglia sotto i miei stivali) alla Montezzzemolo oppure quando si parla di imprenditori che solo per una firma del notaio devono sborsare 2000€. Allora viene da se che chi ha amici ai piani alti o risiede direttamente ai piani alti se ne fotterà altamente delle tasse e continuerà a fare la sua vita del cazzo parassitando i poveracci e dando libero sfogo a feccia economica come tal Navarro, che magicamente si scorda di ricordare che é lo Stato che spende e le tasse sono semplicemente un’espropriazione della proprietà altrui, e che tutte le entrate magicamente si trasformano in spese (la maggior parte delle volte improduttive) che vanno ad infilarsi su quegli allegri numerini rappresentati dal debito pubblico. Le briciole ai poveracci, in modo da potersi lamentare; ma attenzione mai vedere come vengano fregati da mille mani che riempiono le loro tasche.

 

«Questa forte riduzione delle entrate ha fatto sì che gli stati si indebitassero, chiedendo prestiti alle banche in cui le persone facoltose depositano e investono i loro soldi. In questo modo questi, invece di pagare lo Stato (con le tasse), prestano i soldi che hanno risparmiato non pagando le imposte al paese, il quale deve pagare loro gli interessi. Per loro il sistema è perfetto (e per le banche in cui depositano i loro soldi), trasferendo così una grande quantità di fondi dal settore pubblico, ai ricchi e alle loro banche.»

 

Come in una qualsiasi impresa le entrate derivano da un sano investimento operato meticolosamente studiando i segnali di mercato, domanda: come li studia i segnali lo Stato quando il mercato é drogato fino all’inverosimile? Non solo, perché lo Stato può passarla liscia dopo che avendo fatto investimenti improduttivi (come é solito fare) deve rivalersi sulla popolazione se non vuole andare fallito? Ovvero, perché le poltrone per la facce di merda sono sempre disponibili data la loro inutile esistenza? Doamnda di riserva per l’attento lettore: se i cosiddetti super ricchi hanno i conti in queste banche super-potenti, perché lo Stato (che qui passa come la verginella che si ritrova “per caso” nel vicolo buio) ha salvato col denaro dei contribuenti istituzioni come Citigroup, AIG, Fannie Mae & Freddie Mac? Discorso che si applica anche all’Europa (ING, Fortis, ecc.). Perché lo Stato non ha detto: “Spiacente lo Stato siamo noi e voi non siete un cazzo!”? Ma…ma… Vuoi vedere che….

 

«[…] Questa concentrazione dei redditi ha creato un enorme problema economico: la mancanza di domanda che stimola l’economia e che crea occupazione.»

 

Ahhh! Eccoci finalmente arrivati al punto cruciale di tutta questa solfa su numeri lanciati nella mischia: la domanda aggregata. La matrice Keynesiana é fin troppo evidente. Secondo Keynes non era tanto il pubblico che doveva accollarsi i debiti privati, ma chiedeva allo Stato di utilizzare la spesa pubblica per “sostituire” quella privata che era venuta meno e sostenere la domanda aggregata al livello di “piena occupazione”. Ovvero, con la spesa a deficit (di quali investimenti si tratta ce ne sbattiamo altamente, basta che si spende!) durante la crisi, perché il pareggio di bilancio é un “ostacolo” che non permetterebbe di sostenre la domanda in caso servisse così da riportare la capacità produttiva al livello di piena occupazione delle risorse (ho sentito qualcuno dire incentivi alle auto?). Interventismo per “curare” i sintomi e non la malattia.

La domanda da porsi: sono aumentati in termini reali i salari? La risposta é no!

E’ stata trasferita ricchezza reale dalle tasche dei lavoratori (che pure vedevano i loro salari aumentare) verso quelle di chi i soldi nuovi li riceveva (e spendeva) per primo. Salari nominali più alti, ma salari reali più bassi. Proprio il rimedio suggerito dal magico Keynes per aumentare l’occupazione facendo diminuire il salario reale dei lavoratori senza che questi se ne accorgessero.

That’s inflation, baby!

 

«I ricchi hanno così tanti soldi che, quando ne guadagnano di più, invece di aumentare il loro consumo lo investono al fine di accumulare sempre più soldi, creando un grave problema.»

 

Orrore! Il risparmio. Riguardo i risparmi Keynes non se ne preoccupava perché secondo lui erano gli investimenti a determinare i risparmi e non viceversa. Keynes riteneva che solo lo Stato (!!) potesse avere la visione di lungo termine per farli, gli investimenti (da qui la sua espressione “socializzare gli investimenti”). Questa gente sembra fatta con lo stampino, d’altronde gli zombie sono tutti uguali; eccola la soluzione di Navarro! Una zombizzazione globale così non esisterà nè ricco nè povero, al modico di prezzo del vostro cervello.

Ovviamente gli imprenditori quando vanno a chiedere un prestito in banca non sanno se il denaro preso in prestito sia frutto di risparmi o di espansione del credito, quindi successivamente operano le loro scelte. La riserva frazionaria gonfia il lato degli asset bancari e le sue passività, creando letteralmente denaro dal nulla non sostenuto da risparmi reali. Ma non sono i “ricchi” che accumulano denaro, sono le persone che operando scelte nel mercato decidendo di rinunciare alla loro consumazione odierna per risparmiare e consumare in futuro. Eccoli i segnali, attraverso la preferenza temporale, che guidano gli investimenti. Ma se sono drogati da iniezioni e creazioni di liquidi, come possono dire il “vero”?

 

«In tempi di recessione bisogna che la gente consumi affinché la domanda cresca. Ma se il 20% del reddito nazionale è posseduto dall’1% della popolazione che (in proporzione) consuma meno, si crea un grande vuoto nella domanda.»

 

Eccerto! E’ per questo che é sempre una festa quando si drogano i tassi d’interesse come fa Zio Ben e li si manda sottozero. Quando la BCE ha alzato il tasso d’interesse del denaro di un quarto di punto a Navarro gli avrà preso un infarto. Perché? Perché più i tassi sono bassi (e se la banca centrale aziona la manovella della stampante tanto meglio) più la gente stipulerà prestiti, più si creeranno lavori, più il Keynesiano sarà contento. Artificialmente abbassati i tassi non rispecchiano la realtà e conducono ad investimenti improduttivi, ma si sa la spesa é la cosa migliore del mondo.

 

«Inoltre, siccome non c’è molta domanda per la cosiddetta economia produttiva dove si producono beni e servizi (come conseguenza della diminuzione dei redditi del lavoro in percentuale del reddito nazionale), i ricchi non ritengono opportuno investire in attività e in settori produttivi, ma in attività più redditizie, quelle speculative, creando così le bolle che ci portano ai disastri che conosciamo.»

 

La facilità con cui gli escono certe palle é davvero sorprendente. La crescita della massa monetaria M3 nei vari paesi europei é stata per così dire regolare: Francia e Germania avevano ad esempio un tasso di crescita annuale dell’offerta di denaro di circa il 3%. Ma le aree periferiche dell’Europa (Spagna, Portogallo, Grecia) hanno registrato anche picchi del 15%. Denaro creato dal nulla dato in prestito a bassi tassi che é andato a finanziare eventi improduttivi. Di chi é la colpa quindi? Dei ricchi? Degli imprenditori? O forse della riserva frazionaria legalmente approvata dagli Stati che le banche adoperano scriteriatamente?

 

«La bolla immobiliare ne è un esempio.»

 

Il ciclo economico non viene nominato manco a pagarlo. Ce lo saremmo sognato, forse… Nella realtà il denaro nuovo si é riversato nei mercati finanziari e nel mercato immobiliare, ed ecco perché a fronte di un aumento del “circolante” sono aumentati in prevalenza i prezzi delle azioni e degli immobili:

 

figura6 A volte ritornano, perché non se ne sono mai andati

 

Da notare l’andamento del Dow Jones nei due momenti cruciali in cui sono stati lanciati i programmi di QE1 (inizio 2009) e QE2 (fine 2010). Ma ovviamente finché si cambia il paniere a fantasia “non” ce ne accorgiamo. Questo denaro nuovo poi circola ed aumenta il reddito dei primi destinatari della spesa (costruttori di case, speculatori di borsa, grandi affaristi, immobiliaristi). I “secondi” a ricevere la moneta si arricchiscono meno dei primi, perché alcuni prezzi sono già aumentati, e spenderanno la moneta in mercati diversi, andando ad aumentare la domanda (non in termini di unità richieste, ma in termini di soldi offerti per ottenere la merce) di altre merci.

Il processo non é breve ed assolutamente non omogeneo ed alla fine della catena, quando aumentano finalmente anche i salari, gli operai si trovano comunque a poter “comperare di meno” di quanto potevano fare col salario vecchio, anni prima.

In sostanza, un’immissione di denaro aumenta il reddito di qualcuno a scapito di qualcun altro mentre non ha nessun effetto benefico “in se”. In questo senso certamente dipende “dove viene indirizzata” la nuova moneta in quanto così si determina chi viene favorito.

La domanda quindi diviene: chi ha sottomano il tasto “stampare qui“?

 

«E, attraverso le agenzie di valutazione dei titoli, come Moody’s, Standard & Poors e le altre (che sono strumenti delle banche), creano la percezione di un’economia a rischio, che porta gli Stati a dover pagare interessi elevati.»

 

La percezione del rischio é dovuta ad un’altra cosa e cioé al fatto che quando si prende in prestito denaro non si é poi sicuri di poterlo restituire (sia chiaro, non perché il “sistema” non permette di farlo). Quando ci si trova in stato di insolvenza si deve chiedere in prestito altro denaro per pagare il primo debito e per ottenerlo in prestito (vista la condizione precedente) vengono richiesti interessi maggiori.

Visto che ora si sta chiedendo liquidità per pagare un debito già contratto e non per investire, la propria speranza di poter ripagare il secondo debito sarà praticamente nulla e la quota da rimborsare sarà aumentata per via degli interessi. Ma con i tassi drogati questo non viene segnalato al mercato e si pensa di vivere alla grande per 365 giorni l’anno a spasso-landia, mentre all’uscita aspettano gli ufficiali giudiziari.

 

«Le banche spagnole possiedono il 52% del debito spagnolo. Ricevono prestiti di denaro dalla Banca Centrale Europea a interessi molto bassi (1%) e con questi soldi comprano titoli pubblici dallo Stato spagnolo, che offre una redditività del 6%.»

 

Quello che é avvenuto per la Grecia. All’attento lettore trarre le conclusioni.

blank A volte ritornano, perché non se ne sono mai andati

«È ovvio che esistono alternative. Da questa analisi si deduce che il modo migliore per evitare l’indebitamento dello Stato non è diminuendo la spesa pubblica (molto bassa nel caso spagnolo), bensì aumentando le tasse dei ricchi e dei super ricchi ai livelli del periodo anteriore (e nel caso spagnolo a livelli omologabili a quelli dei paesi nordici).»

 

Ricapitolando quindi: in assenza di piena occupazione, lo Stato dovrebbe spendere a deficit per aumentare la domanda aggregata in modo da utilizzare la precedente capacità produttiva e condurre quindi alla piena occupazione. Non solo, da buon Keynesiano socialista, una volta raggiunto questo punto, ogni aumento ulteriore della moneta in circolazione produrrebbe solo inflazione per cui lo Stato dovrebbe tassare per ripianare in tempo di vacche grasse ciò che aveva speso a deficit in tempo di vacche magre. Detto in parole povere? Keynes for dummies!

E dopo essermi pisciato sotto dalle risate per l’ennesima volta, l’unica cosa da fare ora é mettere anche questa sul conto della solita tintoria. Ma non é finita[2]:

«Il punto sarebbe dunque – meglio: il punto è – capire che è proprio nel sistema del denaro così impostato che risiede lo stupro quotidiano del proprio lavoro e dunque della propria vita, non nell’utilizzo di moneta cartacea o virtuale. Ciò che va ripensato è il ruolo del denaro che – per dirla alla Ezra Pound – non è né deve essere una merce.

E occhio, è ingenuo pensare “allora che facciamo, torniamo al baratto?”, come ogni qualunquista di solito risponde a ragionamenti del genere. Fare così è come evitare di voler trovare altre soluzioni pur avendo capito benissimo che quella attualmente utilizzata è una truffa.»

E’ bene ricordare che:

    1. La moneta nasce dall’abitudine lungamente praticata di usare per gli scambi i metalli preziosi. La moneta, nel senso di conio, é un pezzo di metallo prezioso che ad un certo punto é stata coniato, cioé la garanzia riguardante il peso e la qualità dello stesso, da parte di un’autorità (riconosciuta), per facilitare gli scambi. Il fatto di avere il conio, da servizio pubblico che era, é poi diventato un’arma in mano ai governanti per derubare ulteriormente, e di nascosto, la popolazione e renderla infine compeltamente schiava.

 

  1. Serve per velocizzare e facilitare estenuanti contrattazioni, ma soprattutto per avere il “capitale”, ovvero un’accumulo di ricchezza difficile da ottenere con altri tipi di merce. Esempio: io possiedo diversi beni e servizi (il mio lavoro) e voglio scambiarli per ottenere altri beni e servizi di cui ho bisogno. Che faccio? Qualcuno suggerisce il baratto, ma questa soluzione pone diversi problemi:
  • se voglio scambiare un cuscino con dei pomodori devo trovare esattamente un che possiede i pomodori e vuole il cuscino;
  • come posso scambiare 5/30 di percora per una sedia?Per risolvere questi, ed altri, grattacapi la gente (non i re o i governi) ha iniziato ad operare scambi indiretti. Non scambiava il cuscino direttamente con i pomodori ma con altri beni, fino a quando non trovava qualcosa che era desiderato da chi aveva i pomodori. In questo processo sono state evidenziate alcune merci che “erano accettate negli scambi” più delle altre (oro, argento, ecc.), ma non perché ci fosse una qualche convenzione che ne stabilisse il valore! Erano esse stesse un valore ed una ricchezza per la nazione (perché considerate tali dalle persone).

«Esistono vari esperimenti invece, nel mondo, in cui si provano monete diverse (monete locali) o “certificati di lavoro” differenti, spendibili in altro modo e sempre all’interno della comunità.»

Il problema principale? Monete convenzionalmente cartacee, con autorità centrale che può stamparne a volontà. Strano che non ho sentito “lavoro sociale”, tra tutte le palle sparate mancava proprio Marx.

E nel 2011 siamo ancora a baloccarci con tutte queste stronzate.

Finalmente un piano!

Posted in Economia with tags , , , , , , on giugno 23, 2011 by lafayette70

Riprendo dal blog “Freedonia” dell’amico Johnny Cloaca questa traduzione di un interessante pezzo di Mark Thornton sulle prospettive e le possibili ricette per l’uscita dalla drammatica crisi finanziaria che stiamo vivendo:

IL PIANO LEHMAN BROTHERS

Le persone di solito mi chiedono: “Cosa pensi che avrebbe dovuto fare il governo al posto del QE?” La mia risposta di riserva é che il governo non avrebbe dovuto provare a combattere la depressione con la spesa di governo ed il credito a basso costo. Provare a fermare la correzione, da parte del mercato, degli errori del passato ritarda solo le conseguenze e le rende peggiori.

Il governo dovrebbe bilanciare il suo budget. Non ci dovrebbe essere nessun’altra espansione del credito da parte della Federal Reserve. Più importante, il governo non dovrebbe immischiarsi nei mercati per tentare di addolcire le conseguenze della correzione. Nello specifico ciò vuol dire niente salvataggi, niente pacchetti di stimolo, o niente nuovi progetti di lavori pubblici. Non sorreggere i salari. Permettere alla competizione di abbassare i prezzi della terra, del lavoro e del capitale. I soli passi positivi che il governo dovrebbe operare sono tagliare la spesa e le tasse, eliminare le regolamentazioni e permettere il libero commercio.

Ora, ho un nome per questa politica. E’ chiamata “Piano Lehman Brothers”, dopo che alla Lehman Brothers, la grande azienda finanziaria di Wall Street, é stato permesso di andare in bancarotta nel settembre 2008. Questo piano si basa nel permettere alle grandi imprese di fallire. Se fosse stato perseguito questo piano fin dall’inizio, avrei qualche dubbio che la crisi sarebbe finita già ora, ma non avremmo aggiunto ulteriore debito a quello esistente.

Henry Lehman entrò in affari nel 1844 con un negozio di tessuti a Montgomery, Alabama. Dopo che i suoi due fratelli si unirono a lui l’anno successivo, rinominarono l’attività Lehman Brothers. Accetavano cotone grezzo in cambio dei loro beni. Ciò incrementò il volume dei loro affari perché le persone avevano più cotone che denaro, e ciò aumentò il loro margine di profitto perché fecero soldi vendendo i loro beni, e poi fecero più denaro vendendo il cotone. In seguito aprirono un ufficio a New York e crearono la New York Cotton Exchange nel 1870. In seguito entrarono nella Borsa di New York ed incorporarono compagnie come Sears, Macy’s, B.F. Goodrich, Woolworth’s e Studebaker vendendo azioni sull’offerta pubblica iniziale. Fu una grande storia di successo americano proveniente dagli Stati del sud.

Sfortunatamente all’inizio del ventunesimo secolo, la Lehman Brothers era pesantemente coinvolta nel mercato dei mutui sub-prime ed anche se ne uscì velocemente per andare verso nuova spazzatura, ancora deteneva nei propri libri grandi quantità di titoli di bassa qualità e ad alto rischio. E’ rimasta con un pugno di mosche in mano. E’ andata in bancarotta, i suoi asset venduti ad altre imprese per adempiere agli obblighi della compagnia verso i creditori. Questi ricevettero indietro una parte del loro denaro, ma non incapparono in perdite. I clienti rimasero ampiamente indenni, eccetto da quelle perdite sostenute in generale nel mercato. I grandi perdenti sono stati gli azionisti, sopportando la maggior parte del dolore insieme a coloro che gestivano la Lehman Brothers — le stesse persone che hanno fatto tonnellate di denaro durante il boom. Il mondo non finisce qui.

A questo punto un economista mainstream si lamenterà che se si permettesse la liquidazione, risulterebbe in un contagio e in una deflazione galoppante, e l’economia entrerebbe in un buco nero. Diamo uno sguardo al ruolo della deflazione durante una crisi.

Primo, in deflazione i prezzi dei beni capitali diminuiscono drasticamente. Ciò accade inizialmente con i prezzi delle azioni in brusca caduta, ma infine anche i prezzi di uffici, magazzini, negozi al dettaglio, ecc. cadono.

Secondo, il prezzo del lavoro cadrà mentre il tasso di disoccupazione aumenterà. I saggi salariali saranno in un certo senso “vischiosi” se paragonati ai prezzi delle azioni ed ai tassi di leasing per spazi commerciali, ma anch’essi tenderanno a diminuire in termini reali se non sono sostenuti dall’intervento del governo e dall’indennità di disoccupazione.

Terzo, anche i prezzi dei beni al consumo cadranno — ma non tanto. La domanda per beni di consumo non sarà elastica. Cose come il latte, la farina, il tabacco, l’elettricità, l’asilo nido e le applicazioni per l’iPhone hanno quello che gli economisti chiamano “domanda non elastica rispetto alle entrate”, perché non si cambia la loro quantità acquistata anche quando le proprie entrate aumentano o diminuiscono. In passato, per esempio, la quantità richiesta di margarina aumentò quando le nostre entrate scesero.

Ciò vuol dire che in un processo correttivo deflazionistico, i prezzi della terra, dei beni capitali, delle merci e del lavoro scendono in relazione ai beni di consumo. Ciò fornisce opportunità potenziali di profitto per gli imprenditori che acquistano queste risorse altamente deprezzate in modo da realizzare prodotti da vendere al consumatore. In altre parole il processo deflazionistico é più simile ad un assorbitore di shock che ad un buco nero immaginato dagli economisti mainstream.

Non solo emergono opportunità di profitto, ma le opportunità di un lavoro salariato sono più scarse e meno attrenti. Entrambe le cose incoraggiano il comportamento dell’imprenditore, e ciò é un fattore chiave in un qualsiasi processo correttivo di ripresa.

Seguendo il piano Lehman Brothers si avrà una contrazione delle attività generate dalla bolla ed un’espansione delle attività generate dal consumatore. Il risparmio aumenterà in relazione al consumo. Le grandi imprese si restringeranno oppure andranno in bancarotta, mentre le piccole imprese si espanderanno e cattureranno il resto del mercato. Le nuove imprese saranno iniziate per trarre vantaggio dalle opportunità di profitto — e per rispondere alla mancanza di opportunità di occupazione. E’ un fatto ben conosciuto che le piccole imprese creano la maggior parte dei lavori — tuttavia, quello che non é ben conosciuto é che le nuove piccole imprese creano la maggior parte dei lavori.

Ricordate che durante la mini-depressione del 1980-1982, Paul Volcker alzò il tasso dei fondi federali al 20%, facendo terminare la stagflazione degli anni settanta ed entrando in uno dei periodi più prosperi della storia americana. Questo periodo fornì anche un ricco ambiente economico con risorse a basso costo da cui la Microsoft trasse vantaggio per divenire un’azienda di enorme successo nel mercato del PC. Da notare anche che il tracollo tecnologico ha fornito lo stesso ambiente per Google da cui trarre vantaggio in modo da divenire il re del mercato delle ricerche.

L’approccio Bernanke/Bush/Obama avrà come conseguenza solo miseria ed un debito del governo in crescita. Il piano Lehman Brothers ribilancerebbe i piatti della bilancia tra il gatto grasso rappresentato dalle corporazioni “troppo grandi per fallire” e gli imprenditori che ci aiuterebbero a formare il nostro futuro.